martedì 27 aprile 2010

The dark side of Google

Venerdì scorso abbiamo accennato al fatto che siamo noi utenti a scegliere, come principali fonti delle nostre ricerche in rete, strumenti come Google o Wikipedia, quasi come un automatismo.

A questo proposito mi è venuto in mente un libro - scaricabile gratuitamente da questo link per favorire la libera circolazione delle conoscenze http://www.autistici.org/bakunin/books/google.pdf - che, già dal titolo, "The dark side of Google", la dice lunga sulla sua filosofia.
Come viene detto nella stessa introduzione del testo,

"Google è il motore di ricerca più noto ed utilizzato dell'era di Internet, tanto da essersi affermato negli ultimi anni come principale punto d'accesso alla rete. L'abitudine al suo utilizzo si è trasformata in comportamento: se non lo sai chiedilo a Google. Si ricorre a Google anche quando si potrebbe attaccare un post-it al frigorifero, consultare l'agenda, guardare le PagineGialle, o consultare la collezione di Garzantine che si impolvera sugli scaffali. "

Questo libro potrebbe essere interessante per chi, come me, si è mai chiesto per quale motivo le ricerche dal proprio computer, quello cioè che si usa per la maggior parte delle proprie interrogazioni a Google, diano spesso risultati "migliori" rispetto a quelle compiute da un'altra postazione di ricerca.
In parole più semplici: "perchè, se faccio una ricerca dal mio computer, tra i primi risultati è più facile che io trovi quello che cercavo mentre se compio la stessa ricerca, inserendo le stesse parole, dal computer dell'università i risultati non sono altrettanto soddisfacenti?"
Molto spesso noi utenti, disorientati dalla ridondanza dei dati in rete, ci affidiamo a Google senza domandarci quali siano i criteri di selezione delle sue risposte, nè ammettendo la possibilità di alternative, anche rispetto all'ordine di importanza.

Il quesito di fondo diventa: in base a quali criteri operano i filtri di Page Rank, cioè quell'algoritmo che ordina senza sosta i risultati delle intrerrogazioni degli utenti?
Ma specialmente: perchè Google offre questo servizio gratuitamente? E fino a che punto i dati che inseriamo nelle nostre ricerche sono importanti, hanno un valore?

Consiglio la lettura di questo libro non solo per la curiosità che può suscitare il tema, ma anche per approfondire la consapevolezza di quello che facciamo ogni giorno da "ricercatori". Il testo è semplice e chiaro anche per chi, come me, non ha una grande preparazione teorica in materia.

2 commenti:

  1. interessante!!!
    darò un occhiata al link!
    grazie! google e il suo strapotere sono il mio arg a scelta per l'esame della tammaro! ;)
    ti segnalo un link del mio blog più o meno inerente:
    http://planetexpress.splinder.com/post/22615565/la-citazione-del-sabato

    RispondiElimina
  2. che bello, allora qualcuno legge quel che scrivo!! ;)guarda, leggilo, è un po'catastrofico in certi punti perchè fa pensare a quanto siamo controllati... Se fai un esame del genere potresti anche parlare di Facebook: a una lezione della triennale (di semiotica dei nuovi media) la prof. ci aveva parlato anche dello stesso principio per Facebook. Pensa quante cose si imparano di ognuno di noi: se guardi il profilo sai chi è il mio moroso, chi sono le mie amiche (da foto o messaggi in bacheca), dove vivo ecc. E le foto: le foto, una volta che girano in Internet rimangono... Anche se le togli: per esempio qualcuno può averle salvate sul suo pc. Sono tutti dati che valgono moltissimo per qualcun altro, tipo le pubblicità ecc. Pensandoci fa venire i brividi però alla fine Fb ce l'abbiamo tutti lo stesso, io per prima !
    Non so se ci sono domani a lezione, cmq a presto

    RispondiElimina